L'iscrizione nell'Elenco ISTAT mette molte organizzazioni di fronte a nuovi obblighi e incertezze normative. Approfondiamo in questo articolo cosa significa essere classificati come "Pubblica Amministrazione" e come affrontare i cambiamenti richiesti per il 2025.
Cos'è l'elenco ISTAT?
Entro il 30 settembre di ogni anno, l'ISTAT pubblica
l'elenco delle "Unità Istituzionali
appartenenti al settore delle Amministrazioni Pubbliche
(S13)".
Poche cose sono lontane dall'idea di "sistema" come
questo strumento, introdotto in attuazione del Regolamento 549/2013
(SEC 2010) per individuare i soggetti che contribuiscono al
bilancio dell'Unione Europea ma, in Italia, usato (anche) per
determinare l'applicazione di un insieme disorganico di
disposizioni sul contenimento e il monitoraggio della spesa
pubblica.
Anche quest'anno sono state classificate come "Pubbliche
Amministrazioni" molte nuove Unità Istituzionali (sono
definite così, nel Reg. 549/2013, le "entità
economiche che possono essere proprietarie di beni e
attività, possono assumere passività, nonché
esercitare attività economiche e intervenire in operazioni
con altre unità per conto proprio"); altre sono
state rimosse dall'elenco; mentre per altre ancora
l'esclusione o l'inclusione sono state determinate sulla
base di criteri poco chiari.
L'inserimento nell'elenco suscita una certa
preoccupazione negli enti interessati (anche perché
spesso la scoperta avviene in ritardo di mesi, se non di anni, in
assenza di una notifica ufficiale). La funzione legale si confronta
con le difficoltà nel comprendere le norme e i limiti
applicabili; la funzione acquisti deve interpretare i nuovi
parametri di spesa; i manager, infine, devono rivedere compensi,
business plan e piani pluriennali senza avere indicazioni precise
sui nuovi parametri di riferimento.
Come affrontare questa nuova situazione?
Rimanere inerti non è consigliabile, poiché gli aspetti da valutare e le modifiche da apportare prima dell'entrata in vigore del nuovo regime (1° gennaio 2025) sono numerosi e complessi. È, quindi, fondamentale affrontare questo passaggio con una pianificazione oculata e tempestiva.
Alla luce dell'esperienza maturata al fianco di enti iscritti in modo improvviso nell'elenco, suggeriamo di intraprendere le seguenti azioni:
- un'analisi della normativa (sugli obblighi informativi e di contenimento e monitoraggio della spesa, sulle modalità di redazione del bilancio e dei budget) che sarà applicabile in concreto da gennaio. Le norme da osservare sono tante, alcune recanti adempimenti del tutto sconosciuti: occorre tempo per identificarli correttamente e per definire modalità e tempistiche di attuazione. L'analisi, dopo una prima scrematura con la direzione legale, deve coinvolgere le diverse funzioni aziendali interessate per concordare una linea di azione uniforme di ingresso nel nuovo regime;
- un'analisi, economica e giuridica, della correttezza della classificazione operata da ISTAT. L'ente non è infallibile e può capitare che non abbia ben compreso la mission e il modo in cui l'Unità Istituzionale approccia il mercato. In questi casi, è possibile proporre ricorso alla Corte dei Conti a Sezioni Riunite: un Giudice attento, che ben comprende le dinamiche contabili e di mercato.
L'impugnazione della iscrizione nell'elenco
La preparazione del giudizio è molto complessa e
dispendiosa, anche perché può richiedere il
coinvolgimento di professionalità terze (in particolare,
economisti e analisti di mercato): conviene, quindi, muoversi per
tempo.
Sebbene per questo tipo di giudizio i tempi siano di norma brevi
(appena pochi mesi, dall'introduzione alla sentenza), da circa
quattro anni si è verificata una contingenza particolare:
dopo l'entrata in vigore dell'art. 23-quater del D.L. n.
137/2020 (di cui si è discusso due anni fa in Corte di
Giustizia e che ora è all'esame della Corte di
Cassazione), la Corte dei Conti è impegnata in un aspro
confronto con il Legislatore sull'ampiezza della propria
giurisdizione, che sta dilatando i tempi delle decisioni.
Con efficacia e prontezza, tuttavia, la Corte dei Conti ha
aperto la strada alla tutela cautelare, prima
quasi sconosciuta per questo genere di ricorsi ed ora posta a
presidio degli enti fino alla decisione finale.
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