(ANSAmed) - TUNISI - Un 50enne svedese è stato recentemente condannato in Tunisia a due anni di prigione per atti omosessuali. Lo prevede l'art. 230 del codice penale tunisino che recita testualmente: "l'atto omosessuale maschile (liwat) e femminile (mousahaqa) è punito con la reclusione fino a tre anni". La norma pero' presta il fianco a molteplici critiche per la sua genericità. Infatti la suddetta genericità, spiega ad ANSAmed l'avv. Giorgio Bianco di Tunisi, così come ingloba nel suo alveo un ampio ventaglio di atti e azioni sanzionabili, al contempo offre anche maggiori possibilità di difesa tecnico-giuridica. Infatti l'unico (o quasi) modo per sanzionare uno o più soggetti, rei di aver commesso quanto previsto dal dettato normativo sopra indicato, deve essere quello di coglierli in flagranza di reato. Tale situazione è sicuramente poco frequente, ma non così rara come si potrebbe pensare, soprattutto in questo Paese divenuto ormai meta sempre più frequente del turismo omosessuale europeo. Si consideri che l'omosessualità in sé, e dunque l'orientamento sessuale, non è punita, è solo l'atto sessuale ad essere sanzionato.

Il caso dello svedese condannato, confermato anche dalla diplomazia svedese, ha riacceso il dibattito sulla depenalizzazione in Tunisia della norma soprarichiamata e sulla lotta "discreta" che gli attivisti delle associazioni Lgbt (lesbiche, omosessuali e transessuali), compiono dal 2011 in poi soprattutto sul web. Infatti se e' vero che la comunità Lgbt a Tunisi è sempre esistita, e' solo dopo la rivolta del 2011 che ha cominciato a far sentire apertamente la sua voce, grazie anche alla acquisita maggiore libertà di espressione.

Ma se paradossalmente all'estero la Tunisia vince premi per film a tema omosessualità, come 'La vita di Adele' dell'attore e regista franco-tunisino Abdellatif Kechiche, in Tunisia essere omosessuali rimane ancora un forte tabù e fare coming out in famiglia è molto difficile, se non impossibile. Allora ci si muove soprattutto sul web, sfruttando l'anonimato della rete, ci spiega la giornalista Giada Frana, segnalandoci il caso di www.gaydaymagazine.com, e-magazine lanciato dalla Tunisia nel marzo del 2011 e dedicato alla comunità Lgbt del Maghreb e della regione del Mena e di www.gaytunisie.net, più specificatamente dedicato alla comunità Lgbt in Tunisia. Su Facebook la pagina "Shams - Pour la dépénalisation de l'homosexualité en Tunisie" (Sole - Per la depenalizzazione dell'omosessualità in Tunisia) conta addirittura oltre 25 mila 'mi piace'. Recentemente un appello di numerose organizzazioni della società civile, tra cui l'Atsm (Associazione tunisina di sostegno alle minoranze) rivolto a chiedere l'annullamento dell'articolo 230 del codice penale nel quadro della riforma della normativa penale e' stato categoricamente rifiutato dal ministero della Giustizia. La strada verso la parità di genere, di tutti i generi, e' dunque ancora lunga da queste parti considerato che le norme esistenti sollevano notevoli incertezze interpretative e applicative, proprio perché introducono nella fattispecie elementi, come il sentimento del pudore, che per quanto ci si sforzi di oggettivizzare finiscono comunque per presentare una forte componente soggettiva. Si resta in attesa dunque di una "vera" primavera araba anche sul tema, augurandosi che le ipocrisie quotidiane sugli orientamenti sessuali nell'Islam possano anch'esse essere presto oggetto di riforma.(ANSAmed).

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