Una delle novità che dovrebbe essere introdotta dalla
Legge di Stabilità in via di approvazione e che ha acceso un
vivo dibattito riguarda la possibilità per i lavoratori del
settore privato di chiedere al datore di lavoro il pagamento
anticipato del TFR, mediante il suo inserimento in busta
paga.
Tale novità presenta senza dubbio ricadute eterogenee di
carattere pratico e giuridico.
In primis, sarà opportuno valutare attentamente
l'impatto sui flussi finanziari delle piccole e medie imprese
che, sino ad oggi, corrispondevano il TFR solo quando i lavoratori
lasciavano l'azienda, di fatto versando effettivamente solo una
piccola percentuale del TFR accumulato ogni anno, mentre con la
nuova normativa dovranno corrispondere su base mensile il 100%
dello stesso.
Inoltre, come noto, di regola, il TFR è stato finora
soggetto ad una tassazione agevolata rispetto a quella prevista per
il reddito da lavoro, pertanto ci si è subito chiesti se
tale regime agevolato rimanesse valido o, al contrario, il TFR
dovesse essere tassato secondo le aliquote IRPEF.
La risposta è arrivata di recente dalla Commissione bilancio
della Camera, la quale non ha ritenuto di approvare la proposta del
Governo relativa alla ridotta tassazione del TFR inserito in busta
paga. Ciò condurrà ad un aumento del reddito
imponibile e, di conseguenza, del prelievo fiscale.
In secondo luogo, bisogna anche considerare che tale novità
normativa mal si coordina con altri strumenti giuridici e
finanziari. Difatti, una volta entrato il TFR in busta paga ed
aumentato quindi il valore complessivo del reddito mensile, vi
è il rischio che molti lavoratori potenzialmente aventi
diritto al bonus degli 80 euro, pure previsto dalla stessa Legge,
si vedranno privare del bonus per aver superato la soglia massima
di reddito utile a tal fine (euro 25.000,00).
Altro aspetto da non sottovalutare, è la possibilità
di scegliere se farsi anticipare il TFR in busta paga ogni mese
attribuita esclusivamente ai lavoratori del settore privato. I
lavoratori pubblici, al contrario, non ne avranno diritto, con
conseguente grave discriminazione, in violazione dei principi
costituzionali. Tale aspetto potrebbe, nel breve periodo, portare
ad una dichiarazione di incostituzionalità della nuova norma
con la necessità di modificare nuovamente il regime del
TFR.
In ultimo, occorre anche sottolineare come questa modifica
normativa potrebbe avere un impatto molto critico sull'ancora
giovane e non strutturato sistema della previdenza integrativa che
trova oggi nel TFR la sua maggiore fonte di sostentamento. Con
questa riforma si toglierebbe di fatto tale fonte al sistema
previdenziale integrativo con due possibili gravi conseguenze: la
probabile chiusura di attività finanziarie legate al settore
(con relativa perdita di posti di lavoro) e il permanere in Italia
di una logica che non tiene conto della necessità di una
previdenza integrativa stante la progressiva riduzione delle
pensioni che saranno erogate dal sistema nazionale.
In conclusione, se da un lato tale manovra aprirà
probabilmente uno spiraglio a maggiori consumi da parte dei
lavoratori, dall'altro porrà problematiche di non lieve
entità che sarebbe opportuno valutare in un'ottica di
efficace coordinamento normativo.
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