Cos'è un contratto di convivenza?

I conviventi di fatto (omosessuali o eterosessuali) che vogliono regolare i propri rapporti patrimoniali, relativi alla loro vita in comune, possono farlo mediante un accordo scritto che prende il nome di "contratto di convivenza".

L'inquadramento normativo di tale forma contrattuale si trova nella Legge n. 76 del 20/05/2016 che nel disciplinare i rapporti patrimoniali tra i conviventi di fatto (istituto giuridico che si affianca al matrimonio e all'unione civile), nella sua seconda parte, dai commi 50 a 64, concentra la sua attenzione sui contratti di convivenza, curandone la forma e i contenuti.

Presupposto per stipularli è la sussistenza tra le parti maggiorenni di un legame stabile, indifferentemente dal fatto che abbiano medesimo o diverso sesso, unite stabilmente da legami affettivi e di reciproca assistenza, morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità, adozione, matrimonio o unione civile.

Per la constatazione di tale legame si fa riferimento alla dichiarazione anagrafica di costituzione di nuova famiglia o di nuova convivenza.

La dichiarazione di convivenza può essere presentata nel Comune di residenza insieme alla dichiarazione di residenza o successivamente, per le coppie che si formeranno con la coabitazione. Per le coppie già residenti e stabilmente conviventi la dichiarazione può essere presentata in qualsiasi momento.

Cosa può regolare un contratto di convivenza? h2

Il contratto di convivenza può contenere:

  • indicazione dell'indirizzo di residenza;
  • le modalità di contribuzione alla vita comune, in relazione alle sostanze e alla capacità di lavoro professionale o casalingo di ciascuno;
  • il regime patrimoniale della comunione dei beni;
  • designazione dell'altro come rappresentante, con pieni o limitati poteri, nel caso di incapacità di intendere e volere, per le decisioni in materia di salute e in caso di morte;
  • indicazione del convivente come futuro tutore, curatore o amministratore di sostegno, ove ci siano i presupposti;

Il contratto di convivenza non può essere sottoposto a termine o condizione.

Contratto di convivenza in Italia: quali diritti tutela?

I conviventi di fatto hanno parità di diritti, allo stesso modo dei coniugi, nei casi previsti dall'ordinamento, ovvero in materia di:

  • Malattia, ricovero o morte;
  • Abitazione. Il convivente del proprietario di casa venuto a mancare può continuare a vivere in casa per due anni o per un periodo pari alla convivenza, purché non oltre i 5 anni. Tali condizioni vengono meno se il convivente contrae matrimonio o smette di abitare stabilmente nella casa di comune residenza;
  • Assegnazione di alloggi ERP;
  • Lavoro, in quanto spetta la partecipazione agli utili dell'impresa familiare e ai beni acquistati con essi, nonché agli incrementi commisurati al lavoro eseguito, al convivente che lavora stabilmente nell'impresa dell'altro convivente;
  • Nomina in qualità di tutore, o curatore o amministratore di sostegno, per il convivente di colui o colei dichiarato interdetto o inabilitato.

Costituiscono casi di risoluzione del contratto di convivenza:

  • accordo delle parti;
  • recesso unilaterale;
  • matrimonio o unione civile tra i conviventi o con terza persona;
  • Morte di uno dei contraenti.

Nel caso in cui il contratto di convivenza preveda il regime patrimoniale della comunione dei beni, la sua risoluzione comporta lo scioglimento della comunione medesima.

Contratto di convivenza con un cittadino extracomunitario

Il cittadino/a extracomunitario/a che abbia stipulato un contratto di convivenza con un cittadino/a italiana/o rientra nella categoria dei "familiari di cittadino UE agevolati" (ex art. 3 comma 2 lett. b D.Lgs. 30/2017), al fine di agevolare l'ingresso e il soggiorno in Italia del partner con cui un cittadino dell'UE abbia un rapporto stabile, debitamente attestata.

Ai sensi dell'art. 10 comma 3 lett. d D.Lgs. 30/2007, lo straniero extra UE potrà venire in Italia per un motivo che rientra tra quelli contemplati per il rilascio di un valido permesso di soggiorno. In difetto, non gli verrebbe consentita l'iscrizione in anagrafe, presupposto per provare la stabile convivenza e dunque richiedere il permesso di soggiorno come familiare di cittadino UE.

In altre parole, la convivenza di fatto può essere fatta solo da persone già regolarmente residenti; ergo, lo straniero deve essere già in possesso dei requisiti per ottenere un permesso di soggiorno che gli consenta l'iscrizione anagrafica.

Lo studio legale Arnone&Sicomo ha al suo interno un dipartimento di diritto di famiglia e immigrazione. I nostri avvocati sono specializzati in tutte le pratiche connesse a questioni familiari e da anni si occupano di redigere contratti di convivenza, tenendo conto delle esigenze dei conviventi, sia coppie etero che omosessuali.

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