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15 January 2025

Dividendi svizzeri con credito d'imposta

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Altenburger

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In ambito internazionale, il tema dell'imposizione degli utili derivanti dal possesso di partecipazioni societarie (ossia, in particolare, dei dividendi) è assolutamente centrale.
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Novità giurisprudenziali favorevoli per i residenti italiani percettori di dividendi di fonte svizzera

In ambito internazionale, il tema dell'imposizione degli utili derivanti dal possesso di partecipazioni societarie (ossia, in particolare, dei dividendi) è assolutamente centrale.

S ul punto si incrociano le norme tributarie dei singoli Stati e le previsioni delle convenzioni contro le doppie imposizioni. Nel contesto italo-elvetico, il tema è condizionato dalle modalità di imposizione di tali redditi previste nei due Stati, le quali, in taluni casi, possono pregiudicare la completa eliminazione della doppia imposizione. Avendo riguardo al caso di dividendi erogati da una società svizzera nei confronti di una persona fisica residente in Italia, bisogna però dare conto di un recente orientamento della giurisprudenza italiana foriero di rilevanti conseguenze.

L'imposizione dei dividendi secondo le norme interne

Secondo il diritto tributario italiano, i dividendi esteri relativi a partecipazioni non qualificate e qualificate1 percepiti (al di fuori dell'esercizio di impresa) da persone fisiche residenti in Italia sono soggetti ad imposizione nella misura del 26%. La modalità concreta di tassazione differisce a seconda che i dividendi siano incassati tramite un intermediario finanziario italiano (nel qual caso essi saranno assoggettati a ritenuta a titolo d'imposta2 ) oppure direttamente all'estero (es. su un conto corrente acceso presso una banca svizzera); in tale ultimo caso, il contribuente avrà l'obbligo di includere i dividendi nella propria dichiarazione dei redditi italiana, assoggettandoli ad imposta sostitutiva delle imposte sui redditi (sempre nella misura del 26%). In generale, i dividendi di fonte estera non sono quindi soggetti alle imposte ordinarie sui redditi, non concorrendo, quindi, a determinare il reddito complessivo del contribuente.

Dal punto del diritto fiscale elvetico, i dividendi erogati da società svizzere sono assoggettati all'imposta preventiva, riscossa a livello federale con aliquota pari al 35%3 . Qualora tali dividendi siano percepiti da soggetti non aventi il domicilio in Svizzera, il diritto al rimborso dell'imposta preventiva è escluso4

In questa situazione, è evidente come, sulla base delle sole norme interne dei due Stati coinvolti, la percezione di redditi in discorso sarebbe soggetta a una rilevante doppia imposizione.

La normativa convenzionale

In questa situazione, giunge in soccorso del contribuente la Convenzione contro le doppie imposizioni conclusa tra Italia e Svizzera nel 1976 (di seguito, "CDI"). Secondo la CDI, la potestà impositiva sui dividendi spetta in via concorrente sia allo stato della fonte (nel caso di specie, la Svizzera), sia allo stato della residenza del percettore (l'Italia5 ). Tuttavia, l'imposizione nello stato della fonte è limitata alla misura massima del 15%. Pertanto, nella fattispecie in discorso, il contribuente italiano potrà richiedere all'autorità fiscale svizzera il rimborso della ritenuta subita in eccesso nella Confederazione: ossia, nello specifico, il rimborso del 20% dell'imposta preventiva prelevata all'atto dell'erogazione del dividendo. In tale situazione, è evidente che la doppia imposizione non sarebbe eliminata, bensì solo attenuata. Al riguardo, la CDI prevede quindi l'obbligo per l'Italia di dedurre dalle imposte italiane quelle pagate all'estero, attraverso il meccanismo del c.d. "credito d'imposta6 ". A tale principio fanno eccezione solo i casi nei quali i redditi di fonte svizzera siano soggetti a imposizione sostitutiva (o a ritenuta) "su richiesta del beneficiario del reddito7".

Le rigidità interpretative da parte italiana

In questa prospettiva, il contribuente residente in Italia deve però scontrarsi con la rigidità dell'approccio sinora mantenuto dall'autorità fiscale italiana rispetto al tema in discorso. In primo luogo, va notato che nel caso di incasso dei dividendi tramite intermediari residenti in Italia, la ritenuta va da questi applicata sull'importo del dividendo al netto della ritenuta (es., imposta preventiva) scontata all'estero (c.d. "netto frontiera"). Diversamente, secondo la costante prassi dell'autorità fiscale italiana, nel caso di incasso all'estero del dividendo (es., presso la banca svizzera), l'imposta sostitutiva andrebbe liquidata dal contribuente sull'importo del dividendo al lordo delle ritenute estere. Da ciò, un primo disequilibrio – nient'affatto giustificato – rispetto al trattamento di queste due fattispecie. In secondo luogo, l'amministrazione finanziaria italiana nega altresì il riconoscimento del credito per le imposte trattenute dallo stato della fonte (in casu, la Svizzera) sulla base del fatto che tali redditi sono, come si diceva, assoggettati in Italia a ritenuta a titolo d'imposta o a imposta sostitutiva (e non, invece, soggetti ordinariamente all'IRPEF).

Il recente orientamento giurisprudenziale

Come si accennava in apertura, bisogna però dare conto di un importante orientamento assunto dalla Corte di cassazione italiana a partire dal 20228 e recentemente confermato con una sentenza dello scorso aprile 20249 . In tali decisioni (rese con riferimento all'applicazione della Convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia e Stati Uniti) la Cassazione ha sconfessato l'approccio dell'Agenzia delle Entrate, stabilendo che la modalità di tassazione (imposta sostitutiva o ritenuta a titolo d'imposta) dei dividendi, essendo obbligatoria per i contribuenti italiani, non possa precludere il riconoscimento del credito per le imposte estere. Ciò, appunto, qualora la convenzione rilevante preveda che il credito non spetti quando tale imposizione sostitutiva (o ritenuta) derivi da una richiesta del beneficiario del reddito. Tale è anche il caso – come si accennava sopra – della CDI tra Italia e Svizzera. Inoltre, la Cassazione opera una assimilazione tra le due modalità impositive (ritenuta e imposta sostitutiva), neutralizzando sostanzialmente la differenza tra le due modalità di incasso (ossia, tramite intermediario italiano o estero).

L'orientamento espresso dalla Cassazione è stato, ancor più di recente, sposato anche dalla giurisprudenza di merito, e in particolare dalla Corte di giustizia tributaria di primo grado di Milano (CGT), in una sentenza dello scorso luglio10. La decisione merita qui particolare attenzione poiché riguarda specificamente il caso di un soggetto, residente in Italia, percettore di dividendi di fonte svizzera, fornendo importanti spunti interpretativi della CDI.

La CGT, in particolare, ha rilevato che la tassazione domestica italiana, così come applicata secondo la menzionata prassi dell'Agenzia delle Entrate, contrasta con l'art. 24 della CDI. In particolare, i giudici hanno evidenziato l'incoerenza tra tale approccio e le finalità della Convenzione italo-svizzera, che mira appunto ad evitare la doppia imposizione. In tal senso, la sentenza stabilisce che i soci residenti in Italia possono detrarre la quota di imposta svizzera non rimborsabile (nella misura del 15%, come già notato) dall'imposta italiana del 26%.

Prospettive sistematiche

A fronte di questo positivo orienta mento giurisprudenziale, va tuttavia notato che l'attuale quadro normativo italiano presenta numerose criticità. L'esclusione dei redditi soggetti a tassazione sostitutiva dalla base imponibile complessiva rende infatti complessa l'applicazione pratica del credito d'imposta, costringendo i contribuenti ad agire in via amministrativa e financo contenziosa, assumendosi rilevanti oneri.

Le sentenze menzionate, pur segnando un notevole passo in avanti, lasciano aperte questioni fondamentali legate alla coerenza sistematica dell'ordinamento tributario e alla certezza del diritto. È quindi auspicabile un'evoluzione legislativa che, oltre a recepire i principi affermati dalla giurisprudenza, introduca meccanismi più chiari e accessibili per la gestione del credito d'imposta sui redditi esteri.

Footnotes

1. Si definiscono "qualificate" (ex art. 67, d.P.R. n. 917/1986, "TUIR") le partecipazioni che - nel caso i titoli siano quotati - rappresentano una percentuale di voto superiore al 2% o che siano relative a una partecipazione al capitale (o al patrimonio) superiore al 5%. Se i titoli non sono quotati, le percentuali salgono, rispettivamente, al 20% (diritti di voto) e al 25% (patrimonio).

2. Cfr. art. 27, comma 4, D.P.R. n. 600/1973.

3. Cfr. artt. 4 e 13 della Legge federale sull'imposta preventiva, "LIP".

4. Cfr. artt. 21 e 22 LIP.

5. Cfr. art. 10 CDI.

6. Cfr. art. 24, par. 1 CDI.

7. Cfr. art. art. 24, par. 2 CDI.

8. Cfr., Sent. Cass. n. 25698/2022.

9. Cfr. Sent. Cass. n. 10204/2024.

10. CGT Milano, Sez. 13, sent. n. 3184/2024.

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