Daily alert Coronavirus: aggiornamenti sulla gestione dei rapporti di lavoro

«Tutta l'Italia sarà zona protetta». Con queste parole il Presidente del Consiglio dei Ministri ha esteso ieri sera le misure di emergenza introdotte dal DPCM dell'8 Marzo 2020, volte a contrastare e contenere il diffondersi del virus COVID-19, all'intero territorio nazionale.

Da oggi, dunque, con il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 9 Marzo 2020 (disponibile qui), i limiti alla circolazione delle persone fisiche e le varie misure di urgenza già attive in Lombardia e in altre 14 Province si applicano a tutte le Regioni d'Italia. Oltre ad avere un indubbio impatto socio-economico, le misure adottate dal Governo impongono serie valutazioni per le imprese nella gestione dei rapporti di lavoro.

Al fine di dare assistenza a tutte le aziende in questo periodo di emergenza, riassumiamo dunque qui di seguito le principali questioni che rilevano da un punto di vista giuslavoristico, in parte già affrontate nell'Alert di ieri.

1. Limiti alla circolazione dei lavoratori

  • Le persone fisiche devono evitare ogni spostamento in entrata e in uscita, nonché all'interno di tutto il territorio nazionale. Come previsto dal precedente Decreto, sono fatte salve specifiche eccezioni a questa limitazione ossia, è possibile uscire di casa solo per «spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero spostamenti per motivi di salute». Inoltre, è ammesso il rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza.
  • Per tutti coloro affetti da sintomatologia da infezione respiratoria e febbre (superiore a 37,5°C), a prescindere dalla sussistenza del COVID-19, è «fortemente raccomandato» di rimanere presso il proprio domicilio e di limitare al massimo i contatti sociali. Pertanto, per tali soggetti sembra proibita l'attività lavorativa.
  • Invece, per coloro che sono positivi al COVID-19 o sono sottoposti alla misura della quarantena, è previsto il «divieto assoluto di mobilità dalla propria abitazione o dimora». Per tali soggetti, dunque, non vi è solo una «forte raccomandazione» ma un vero e proprio «divieto assoluto», sanzionato anche penalmente.
  • Infine, l'art. 1 comma 2 del nuovo Decreto prevede il divieto, sull'intero territorio nazionale, di ogni forma di assembramento di persone in luoghi pubblici o aperti al pubblico.

2. Necessità di autocertificazione e dichiarazione della società per recarsi al lavoro

Da oggi, chi deve spostarsi sul territorio nazionale può uscire di casa soltanto per comprovate esigenze lavorative, situazioni di necessità ovvero per motivi di salute. La disposizione che ammette uno spostamento per «comprovate esigenze lavorative» ha sollevato non pochi dubbi interpretativi, sia riguardo alla natura di tale esigenza lavorativa sia riguardo alle modalità di dimostrazione.

Come chiarito ieri, una prima delucidazione è stata fornita dal Ministero dell'Interno con la Direttiva ai Prefetti n. 15350/117(2) dell'8 Marzo 2020. Con tale provvedimento il Ministero ha disposto che gli spostamenti per motivate esigenze lavorative devono essere attestate mediante autodichiarazione, che «potrà essere resa anche seduta stante attraverso la compilazione di moduli forniti dalle Forze di Polizia». Di conseguenza, per il transito da casa a lavoro sarà sufficiente un'autodichiarazione del dipendente che potrà essere rilasciata sul modulo fornito dal Ministero (e consultabile qui).

Inoltre, la previsione normativa in esame non contempla l'adozione di procedure di autorizzazione preventiva agli spostamenti e, pertanto, la compilazione del modulo potrà avvenire anche al momento del controllo.

Tuttavia, si ritiene opportuno corroborare tale autodichiarazione del singolo con una dichiarazione integrativa dell'azienda, che confermi l'esistenza del rapporto di lavoro e riporti l'esigenza lavorativa del dipendente in transito. Tale soluzione è suggerita, oltre che al fine di «comprovare» la ragione dello spostamento auto-dichiarata dal dipendente, anche al fine (non irrilevante) di agevolare il controllo da parte della Pubblica Autorità sulla veridicità della autodichiarazione: ricordiamo infatti che ai sensi della Nota Esplicativa diffusa dal Capo della Polizia in data 8 Marzo 2020 («Indicazione per l'attuazione del D.P.C.M. 8 marzo 2020, recante misure urgenti per il contenimento della diffusione del virus COVID-19») è stato precisato che «resta, naturalmente, fermo che sulla veridicità delle autodichiarazioni acquisite andranno effettuate le opportune verifiche ex post, anche con la modalità a campione prevista dal'art. 71 del medesimo D.P.R. n. 445/2000». È dunque chiaro che una sintetica dichiarazione da mettere a disposizione dei dipendenti chiamati a spostarsi per raggiungere il luogo di lavoro -per i quali dunque la modalità di smart-working (sebbene consigliata dal Legislatore) non sia possibile- è da ritenersi opportuna.

Un altro dubbio interpretativo riguarda la natura delle comprovate esigenze lavorative, ossia se tali esigenze richiedano una indifferibilità e/o indispensabilità della prestazione lavorativa oppure se qualsiasi attività lavorativa giustifichi uno spostamento. Il sopracitato provvedimento del Ministero dell'Interno ammette lo spostamento per esigenze lavorative anche non indifferibili. Pertanto, in base a tale provvedimento e alla luce di una prima lettura della norma, lo spostamento del lavoratore sembrerebbe giustificato da qualsiasi attività lavorativa e in tutti i casi in cui la sua presenza sia richiesta in azienda.

Tuttavia, il Decreto di emergenza ha l'evidente scopo di limitare il più possibile la circolazione delle persone per evitare nuovi contagi da COVID-19. In questo senso, la norma spinge il datore di lavoro a prediligere forme e modalità di gestione dei rapporti di lavoro finalizzate ad evitare il più possibile gli spostamenti, ossia la modalità del lavoro agile (c.d. smart-working) o la fruizione di congedi e periodi di ferie, che dovranno dunque essere considerate in via privilegiata nell'organizzazione del lavoro.

3. Necessità di far prevalere lo smart-working

A tale riguardo il nuovo Decreto conferma quanto previsto dai precedenti Decreti di emergenza e mette a disposizione del datore di lavoro lo strumento del lavoro agile (c.d. smart-working) in modalità semplificata.

Come noto, per la durata dello stato di emergenza, la modalità di smart-working, disciplinata dagli articoli da 18 a 23 della Legge 22 Maggio 2017, n. 81, potrà essere attivata dal datore di lavoro in maniera semplificata e con semplice comunicazione scritta al dipendente, non essendo necessario l'accordo con il dipendente stesso per tale attivazione. Per facilitare l'utilizzo di questa modalità di lavoro da remoto, il Ministero del Lavoro ha inoltre attivato la nuova procedura semplificata per l'invio massivo delle comunicazioni di lavoro agile. Il datore di lavoro potrà infatti comunicare con modalità semplificata e in modo massivo i nominativi dei dipendenti che svolgeranno la loro attività lavorativa in modalità di smart-working.

Alla luce di tale disposizione, e al fine di evitare possibili contagi da COVID-19, il datore di lavoro dovrà innanzitutto verificare la possibilità di richiedere la prestazione dell'attività lavorativa in modalità di smart-working.

4. Necessità di far godere ferie e congedi

Nel caso in cui le mansioni del dipendente non dovessero permettere la possibilità di svolgere l'attività in modalità di lavoro agile, il datore di lavoro dovrà considerare un ulteriore modo al fine di tutelare la salute del proprio dipendente.

Infatti, l'art. 1, comma 1, lettera e) del Decreto dell'8 Marzo 2020 «raccomanda» ai datori di lavoro di «promuovere, durante il periodo di efficacia del decreto, la fruizione da parte dei lavoratori dipendenti dei periodi di congedo ordinario e di ferie».

Il chiaro invito del Legislatore d'emergenza a promuovere l'uso delle ferie e dei congedi sembra superare eventuali vincoli imposti dai contratti collettivi (come la subordinazione della determinazione del periodo di ferie ad un accordo con il dipendente qualora esse ricadano in determinati periodi dell'anno).

A maggior ragione, dovrà ritenersi legittimata l'imposizione del periodo di ferie al lavoratore in questo particolar periodo di emergenza. Infatti, le finalità perseguite dal Decreto, ossia il contenimento del contagio del virus COVID-19, rispondono evidentemente alla tutela del diritto costituzionale alla salute. Di conseguenza, la fruizione delle ferie e dei congedi non richiede il consenso del lavoratore.

Dentons is the world's first polycentric global law firm. A top 20 firm on the Acritas 2015 Global Elite Brand Index, the Firm is committed to challenging the status quo in delivering consistent and uncompromising quality and value in new and inventive ways. Driven to provide clients a competitive edge, and connected to the communities where its clients want to do business, Dentons knows that understanding local cultures is crucial to successfully completing a deal, resolving a dispute or solving a business challenge. Now the world's largest law firm, Dentons' global team builds agile, tailored solutions to meet the local, national and global needs of private and public clients of any size in more than 125 locations serving 50-plus countries. www.dentons.com.

The content of this article is intended to provide a general guide to the subject matter. Specialist advice should be sought about your specific circumstances.