La PMI oggi trova serie difficoltà ad ottenere finanziamenti dal sistema bancario che non riesce più a svolgere la propria funzione e la maggior parte delle banche è essa stessa in una fase di crisi che non riesce a superare agevolmente.

Per gli investimenti aziendali, gli imprenditori hanno a disposizione un insieme di strumenti, come ad esempio i mini-bond, obbligazioni ad alta agevolazione fiscale varati nel 2012 per rafforzare il patrimonio delle Pmi non quotate, che al momento appaiono gli strumenti preferiti dalle aziende che hanno piani di sviluppo o per per quelle che vogliono ripianare debiti pregressi liberando risorse da investire.

Sono semplici obbligazioni, dunque titoli di credito emessi da una società in cambio di un prestito. Come tutte le obbligazioni hanno un tasso d'interesse riconosciuto sotto forma di cedola semestrale o annuale, e una data di scadenza.

In cosa differiscono dalle obbligazioni corporate classiche?

La novità principale, contenuta nel decreto Sviluppo che ha introdotto i minibond a fine 2012, è che possono venire emessi da piccole e medie imprese (da qui il termine mini) senza ricorrere necessariamente a intermediazione bancaria o finanziaria. Anche i prospetti informativi richiesti sono molto più snelli rispetto a quelli tradizionali: basta la certificazione degli ultimi due bilanci.

Chi può emetterli?

Tutte le società (spa ma anche srl) con un fatturato annuo superiore ai due milioni di euro e che abbiano fatto certificare da una società di revisione l'ultimo bilancio approvato. Non occorre essere quotati e non è obbligatorio possedere un rating.

Chi può sottoscriverli?

La sottoscrizione di queste obbligazioni è riservata a investitori istituzionali professionali ed altri soggetti qualificati. Non è prevista per ora la diffusione ai piccoli risparmiatori di questi titoli di debito.

Un privato può sottoscrivere un minibond?

Non al momento dell'emissione, riservata appunto agli addetti ai lavori. Esiste una sorta di mercato secondario sul circuito Extra Mot Pro, dove accanto ai minibond classici che i titolari decidono di scambiare si trovano anche minibond emessi da società più grandi che hanno deciso di approfittare dei minori vincoli.

Quanto vale il mercato?

Il mercato dei minibond coinvolge teoricamente quasi 110 mila imprese e potrebbe valere tra i 50 e i 100 miliardi di euro l'anno, non a caso la stessa cifra che si è persa negli ultimi anni per effetto della stretta creditizia. Lo strumento, del resto, era stato messo a punto dal governo Monti proprio per migliorare l'accesso alla liquidità da parte delle piccole imprese. Secondo un'analisi di Crif Intelligence, tuttavia, le candidate ideali (solo spa, fatturato superiore ai 5 milioni e utili medi del 10 per cento) sono poco più di 10 mila. Abbastanza comunque per dare vita a un interessante mercato alternativo del credito.

Chi lo ha già fatto?

Attualmente i titoli proposti sull'Extra Mot Pro (non è obbligatorio, ma è la formula fiscalmente più conveniente per gli investitori) sono una trentina. Hanno emesso minibond realtà cooperative medio-grandi come Manutencoop e Filca, realtà più piccole del settore costruzioni e real estate, e ancora web company come la modenese Primisuimotori, aziende calzaturiere, società finanziarie (Fi Holding), di servizi (Microcinema) e del segmento luxury (Jsh Group).

Qual è il ruolo delle banche?

Non è necessario appoggiarsi a una banca per emettere un minibond. Gli istituti di credito, però, hanno fiutato per primi l'affare e in molti dei casi sopracitati hanno fatto comunque da advisor per il collocamento di queste obbligazioni semplificate. Altre banche (è il caso di Akros, Bpm, Mps, Popolare di Vicenza e Intesa San Paolo), così come diversi fondi di investimento, hanno già lanciato o stanno per lanciare prodotti obbligazionari che sono, in estrema sintesi, panieri composti da minibond.

Quali costi ci sono per aziende e risparmiatore?

I costi per le società emettitrici sono volutamente molto bassi, non essendo previste commissioni. In generale con meno di 40 mila euro è possibile farsi assistere da un advisor, certificare i propri bilanci e presentare la domanda di ammissione alla Consob. Con altri 20 mila euro è possibile farsi assegnare un rating dalle società specializzate: il rating, come abbiamo detto, non è obbligatorio ma il suo conferimento, specie se elevato, rende più appetibile l'emissione e consente alla società di indebitarsi a tassi più bassi. Per i risparmiatori i costi sono gli stessi di una sottoscrizione analoga (obbligazione o bond), ma restano le commissioni di piattaforma.

Rendimenti e rischi

Le cedole sono molto interessanti, soprattutto in un momento come questo in cui le emissioni di titoli di Stato e big corporate bond offrono tassi relativamente bassi: i titoli attualmente scambiati sull'Extra Mot Pro presentano un rendimento medio del 5 per cento netto, con punte che raggiungono il 9. Come sempre, però, occorre ricordare la regola aurea dell'investitore: ad alti rendimenti corrispondono sempre alti rischi. Nel caso dei minibond, poi, gli imprevisti sono ancora maggiori perché legati da un lato alle scelte del sottoscrittore primario (si può acquistare solo ciò di cui voglia in qualche modo "liberarsi") e, dall'altro, alla scarsa negoziabilità e all'alta volatilità dei titoli una volta in portafoglio.

In questo contesto anche il legislatore, ben conscio dell'importanza che lo sviluppo di questo mercato potrebbe assumere per le PMI italiane, è intervenuto sulla normativa esistente, attraverso l'adozione del c.d. Decreto Destinazione Italia (D.L. 145/2013 convertito con la Legge 9/2014) per fare in modo che tali operazioni possano essere assistite da forme di garanzia.

Il risultato di questo nuovo provvedimento normativo, articolato su più linee di intervento, sembra molto interessante: in primo luogo è stata estesa la disciplina dell'imposta sostitutiva ai finanziamenti strutturati come prestiti obbligazionari, attraverso la modifica articolo 20-bis del DPR 601/1973, con la conseguenza che è ora applicabile alle emissioni di minibond il regime dell'imposta sostitutiva (pari allo 0,25% del valore del finanziamento) in relazione a qualunque tipo di garanzia, da chiunque prestata, in qualsiasi momento prestata, alle eventuali surroghe, sostituzioni, frazionamenti, cancellazioni e postergazioni, alle cessioni di credito e ai trasferimenti delle garanzie conseguenti alle cessioni delle predette obbligazioni.

Il Decreto ha inoltre previsto che il Fondo di Garanzia per le PMI si inserisca nel contesto dell'emissione di minibond, come garante diretto a favore di banche (o pool di banche) e altri intermediari finanziari sottoscrittori degli strumenti, o come garante indiretto (contro-garante), cioè riassicurando le garanzie concesse all'emittente, nell'ambito dell'operazione di emissione, da un confidi e come garante diretto di società di gestione del risparmio che, in nome e per conto dei fondi comuni d'investimento da esse gestiti, sottoscrivano obbligazioni o titoli similari emessi dalle PMI.

Tale garanzia potrà essere concessa a fronte sia di singole operazioni di sottoscrizione di obbligazioni e titoli similari sia di portafogli di operazioni.

nel contesto di operazioni di riassicurazione rientra anche l'attività svolta da SACE, che, nell'ambito di emissioni di minibond da parte delle PMI, offre una garanzia nel limite del 70% del valore del prestito obbligazionario emesso da aziende con programmi di internazionalizzazione ed una componente di fatturato estero superiore al 10%.

Infine la norma stabilisce che i minibond costituiscano, ancorché non destinati ad essere negoziati in un mercato regolamentato o in sistemi multilaterali di negoziazione e anche se privi di valutazione del merito di credito da parte di operatori terzi, attivi ammessi a copertura delle riserve tecniche delle imprese di assicurazione di cui all'articolo 38 del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209 (e successive modificazioni), sancendo quindi la compatibilità con le vigenti disposizioni in materia di limiti di investimento di fondi pensione, per gli investimenti effettuati, direttamente o indirettamente, in tali emissioni.

Appare quindi evidente come l'insieme di questi fattori possa contribuire ad una ulteriore fase di sviluppo del mercato, posto che lo strumento finanziario inizialmente ideato dal legislatore è stato corretto e perfezionato (auspicando che l'adozione dei decreti attuativi delle predette norme sia veloce e tempestiva), al fine di renderlo maggiormente interessante sia per le società emittenti che per gli investitori. Tale crescita consentirebbe inoltre l'apertura del mercato all'interesse degli investitori istituzionali esteri, con ovvi benefici per l'intero sistema e con la creazione di una maggiore quantità di fondi disponibili ad investire nelle prossime emissioni.

La novità dei mini-bond rappresenta un'opportunità di crescita culturale per le imprese, che oggi possono approcciarsi al mercato con le mini-obbligazioni e domani potrebbero anche pensare a una Ipo e alla quotazione in Borsa.

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