La direttiva europea 2014/65/UE (MiFID 2) entrata ufficialmente in vigore il 3 gennaio 2018 in tutta l'Unione Europea, rimpiazzando o per meglio dire riformando la precedente direttiva "MiFID 1" varata il 1° novembre 2007, poco prima del credit crunch, istituisce nuovi e più severi presidi a tutela della categoria dei risparmiatori e/o investitori, soprattutto quelli non qualificati, rivoluzionando di fatto il quadro regolamentare del settore bancario e finanziario europeo. Scopo ultimo e intimo della MiFID 2 è invero, più che creare nuovi dettami, eliminare le asimmetrie informative che tanti problemi hanno cagionato in passato nell'ottica di evitare che possano ripetersi in futuro ed elevare gli standard qualitativi degli operatori finanziari.

È ancora presto per valutare gli effetti positivi che questa nuova direttiva saprà e potrà generare nei mercati finanziari posto che anche il quadro normativo di attuazione non è ad oggi completo. Tuttavia allo stato attuale si potrebbe parlare di una scommessa dell'Unione Europea poiché l'obiettivo finale della MiFID 2 sarebbe quello di abbassare i costi di sistema del mondo del risparmio, con l'obiettivo a tendere di garantire ai mercati maggiore trasparenza e più protezione per i risparmiatori, a fronte certamente di iniziali costi di adeguamento che dovranno essere supportati dai financial players per uniformarsi al nuovo apparato normativo (stimati in oltre 2 miliardi di Euro per il solo anno 2018). La logica di fondo alla base del concepimento di MiFID 2 avvenuto nel 2014 si è basato sulla valutazione che è stata fatta intorno ai due pilastri principali su cui poggia, vale a dire garantire la trasparenza dell'investimento in termini di costi e garantire la tutela giuridica ed economica conseguente all'investimento medesimo. Quattro anni di gestazione confermano certamente la complessità e delicatezza della materia.

CHE COSA PREVEDE

I nuovi presidi difensivi introdotti dalla MiFID 2 sono riassumibili sostanzialmente in 5 punti chiave: profilatura, costi e retrocessioni, formazione dei consulenti, prodotti, piattaforme di negoziazione, tra cui spiccano strumenti quali la Product governance e la Product intervention.

La Profilatura

Con la nuova disciplina la profilatura diventa molto più stringente rispetto a quanto non disposto in precedenza; con MiFID 2 si parla di profilatura responsabile e rafforzata del cliente, ove il termine rafforzata afferisce a una maggior precisione da parte dell'intermediario in sede di raccolta delle informazioni sugli obiettivi d'investimento, sulla situazione patrimoniale reale del soggetto, sul grado di conoscenza e di esperienza acquisiti dal cliente in determinate tipologie d'investimento eseguite in passato o che intende attivare in futuro, ma si riferisce anche alla capacità di as

sorbire eventuali perdite e al grado di propensione al rischio dell'investitore. Con MiFID 2, l'adeguatezza non sarà verificata dall'intermediario solo sulle singole operazioni di investimento, bensì sarà tarata e calibrata sull'intero portafoglio detenuto dal cliente; pertanto la valutazione di "fitting" del prodotto non sarà compiuta dall'intermediario solo al momento della "contrattualizzazione" dell'operazione ma periodicamente, anche in assenza di alcuna movimentazione del portafoglio, poiché i profili di rischio dei prodotti sono mutevoli nel tempo così come può essere mutevole il grado di sopportazione delle perdite del cliente. Al termine dell'esercizio di profilatura e valutazione di adeguatezza di portafoglio, l'intermediario rilascia al cliente il cosiddetto suitability statement, documento di sintesi di tutte le informazioni raccolte e del grado di adeguatezza dell'operazione consigliata rispetto al profilo di rischio associato al cliente.

Formazione dei consulenti

Uno dei capitoli principali posti a tutela dei risparmiatori è la maggiore professionalità e formazione dei consulenti. L'art. 25, paragrafo 1, della MiFID 2 disciplina espressamente che gli Stati Membri debbano prescrivere alle imprese di investimento che operano nelle rispettive aree l'obbligo di garantire e dimostrare alle Autorità competenti, su loro richiesta, che le persone fisiche che forniscono informazioni su strumenti finanziari, servizi di investimento o servizi accessori per conto dell'impresa di investimento, o  comunque  partecipano alla prestazione del servizio di consulenza alla clientela in materia di investimenti, siano in possesso delle necessarie conoscenze e competenze. Partendo dal dettato normativo, l'Autorità Europea degli strumenti finanziari e dei mercati (ESMA), peraltro delegata dallo stesso articolo 25 a precisare quali siano i criteri di valutazione delle sopra menzionate competenze nonché l'ambito di applicazione oggettivo della disciplina, ha emanato delle linee guida nel dicembre del 2015, successivamente recepite in Italia pressoché integralmente dalla Consob nel dicembre 2016 e nel luglio 2017 in due distinti documenti di consultazione preliminare. Per quanto riguarda la definizione dell'ambito oggettivo di applicazione, gli Orientamenti dell'ESMA in materia di valutazione delle competenze e delle conoscenze degli intermediari prevedono due tipologie di attività:

  • somministrazione di consulenza in materia di investimenti; e
  • fornitura ai clienti di informazioni riguardanti strumenti finanziari, depositi strutturati, servizi di investimento o servizi accessori ("giving information").

Se però, da una parte, la nozione di consulenza in materia di investimenti rinviene esplicita collocazione nella MiFID 2 ai sensi dell'art. 4, paragrafo 1, numero (4, quella del "giving information" invece non trova espressa collocazione nella direttiva, pertanto è stato lo stesso ESMA a tracciarne il contenuto e il perimetro di applicazione con una definizione particolarmente ampia e dalle maglie larghe. Il giving information ricomprende l'interazione tra il dipendente dell'intermediario e la clientela nella prestazione dell'intera gamma dei servizi d'investimento diretti e accessori elencati nella sezione A e B dell'Allegato I della MiFID 2.

Si noti come la nozione di consulenza in materia di investimenti presente nella direttiva sia stata recepita fedelmente dal provvedimento attuativo italiano, il D.lgs 129/2017, all'interno del rinnovato art. 1, comma 5septies del T.U.F., ove per essa si intende "la prestazione di raccomandazioni personalizzate a un cliente, dietro sua richiesta o per iniziativa del prestatore di servizio, riguardo a una o più operazioni relative a strumenti finanziari". È stato eliminato nella nuova formulazione il precedente riferimento al criterio con cui si stabiliva se la raccomandazione fosse personalizzata o meno. Tuttavia le raccomandazioni personalizzate rivolte al cliente devono essere raccolte su un supporto durevole così come previsto nell'art. 40bis del regolamento degli intermediari Consob, da conservare per 5 anni e messo a disposizione del cliente e delle autorità di vigilanza, ove necessario. In tema di definizione delle "competenze e conoscenze" richieste dalla MiFID 2, stando agli Orientamenti dell'ESMA,

il livello minimo si considera raggiunto quando il personale dipendente del soggetto intermediario dimostri "di aver acquisito una qualifica idonea e un'esperienza adeguata nel settore", quest'ultima stabilita in un tempo non inferiore a 6 mesi di practice. Viene prevista comunque facoltà in capo alle Autorità nazionali competenti di allargare ovvero restringere il perimetro dei due requisiti.

L'obiettivo dichiarato dal legislatore europeo è quello di attivare un ciclo virtuoso di qualificazione degli addetti del personale finanziario europeo, dove fiducia e competenza possano muoversi di pari passo.

I costi e la retrocessione

Un altro capitolo importante della direttiva MiFID 2 riguarda la voce costi e retrocessioni legati alle attività di consulenza prestata dagli intermediari. L'art. 24, paragrafo 4 della direttiva europea, il cui nomen juris recita "Principi di carattere generale e informazioni al cliente" sancisce nero su bianco il principio della trasparenza sui costi, stabilendo che le imprese di investimento devono fornire ai clienti o potenziali tali, tra le altre, tutte le informazioni sui costi e i relativi oneri legati all'investimento, dove per costi s'intendono le voci di spesa relative sia ai servizi d'investimento che ai servizi accessori, al costo eventuale della consulenza, ove rilevante, al costo dello strumento finanziario raccomandato o offerto in vendita al cliente e sulle modalità di pagamento da parte di quest'ultimo, includendo anche eventuali pagamenti a terzi (il valore dell'incidenza deve essere espresso non solo in termini percentuali ma anche in valore assoluto), nonché delle retrocessioni liquidate. A corredo di quanto sopra, dovranno essere mostrati in maniera puntuale, in corso d'investimento, anche i costi che il cliente dovrebbe sostenere in caso di disinvestimento anticipato e la loro incidenza complessiva.

La voce costi è importante anche in relazione al tipo di consulenza in materia di investimenti che viene offerta dall'impresa di investimento, la quale può essere indipendente ovvero dipendente; partendo dal presupposto che è fatto obbligo all'impresa di investimento ai sensi dell'art. 24, paragrafo 4), lettera a), punto i) della MiFID 2 di informare il cliente sull'eventuale natura indipendente della consulenza che gli sarà prestata, i "considerando" n. 73 e 74 della stessa, nell'ottica di rafforzare la tutela degli investitori, indicano l'opportunità di limitare in maniera drastica la possibilità che i distributori dei prodotti su base indipendente possano ricevere incentivi sotto forma di onorari, commissioni, benefici monetari o non monetari da parte di soggetti terzi, in particolare dagli emittenti o definiti anche fornitori dei prodotti finanziari. In sostanza si tratta di ridimensionare l'annosa pratica delle "retrocessioni" (inducements), cioè le commissioni più o meno occulte pagate ai distributori dagli emittenti, in modo che d'ora in avanti le uniche remunerazioni che potranno essere ottenute dal consulente indipendente saranno solo le fees pagategli direttamente dai propri clienti, in modo tale che non venga pregiudicata l'indipendenza della consulenza prestata.

Risolto, almeno a livello formale, il problema retrocessioni lato consulenza indipendente, rimane tuttavia scoperta la consulenza tradizionale o dipendente. La MiFID 2 non regola questo tema, quindi le retrocessioni continueranno verosimilmente a essere percepite dagli intermediari, visto che il guadagno per i distributori è costituito non tanto dalla fee pagata dal cliente che beneficia del servizio ma dalle commissioni del fornitore, per cui è evidente che l'intermediario sia indotto a privilegiare i prodotti finanziari dei fornitori più "generosi", in questo modo venendo meno al principio di agire nel migliore interesse dei clienti.

A parziale bilanciamento, il fatto che debbano essere esplicitati dall'impresa di investimento tutti i costi, potrebbe generare un effetto deterrente alla creazione di possibili situazioni di conflitto d'interesse o, se non altro, scelte in palese contrasto con l'interesse del cliente sul lato dei costi potrebbero essere individuate più facilmente.

Piattaforme di negoziazione

Oltre ai mercati regolamentati, i sistemi multilaterali di negoziazione e i sistemi organizzati di negoziazione, intesi tutti in qualità di sedi di negoziazione stando alla disposizione contenuta nel nuovo art. 1, comma 5octies del T.U.F., come sostituito dal decreto legislativo di attuazione e recepimento della direttiva MiFID 2 in Italia, la riforma ha previsto la nascita di nuove piattaforme elettroniche, denominate OTF ("Organised trading facility"), ove le parti si scambieranno strumenti principalmente legati agli strutturati, ai bond e ai derivati con rigorose regole di trasparenza in termini di pretrading e posttrading.

L'obiettivo di questo capitolo della direttiva è quello di limitare le transazioni effettuate sui mercati OTC ("over the counter"), ovvero mercati che non sono regolamentati e per questo motivo meno sicuri per tutte le categorie di investitori, cercando quindi di convogliare verso gli OTF il maggiore numero possibile di strumenti anche derivati, garantendo maggiore tracciabilità degli ordini, più controlli e trasparenza sulla formazione dei prezzi, nonché l'obbligo per ogni strumento di dotarsi di un codice ISIN per poter fare trading con le banche. Da menzionare comunque il fatto che MiFID 2 ha debuttato con 3 proroghe, più precisamente le casse di compensazione in UK e in Germania, che sono Eurex, London Metal Exchange e Ice Futures Europe, avranno 30 mesi di tempo in più per adeguarsi alle nuove norme, essendo queste le maggiori piattaforme europee di clearing dei derivati.

Le nuove regole in tema di trasparenza dell'attività di trading e reportistica degli ordini troveranno applicazione anche per le cosiddette piattaforme MTF (Multilateral trading facilities), già esistenti prima della MiFID 2; un esempio di piattaforma MTF è lo SME Growth Market di AIM ITALIA, il mercato di Borsa Italiana dedicato allo sviluppo delle Pmi, una piattaforma ideata dalla Commissione Europea nell'ambito di MiFID 2 per integrare il mercato dei capitali in Europa e facilitarne l'accesso da parte delle PMI.

Product governance

Trattiamo per ultimo quello che forse, almeno in linea teorica, rappresenta una delle principali novità introdotte da MiFID 2, che non tocca direttamente i risparmiatori ma che probabilmente porterà degli effetti positivi per i loro investimenti, nell'ordine della qualità del singolo investimento sul prodotto e dei relativi costi.

La product governance, da leggersi insieme all'elemento complementare della product intervention, s'inserisce "a valle" della costruzione di un prodotto da parte di un'emittente; ciò significa che il fornitore del prodotto finanziario, in sede di sua strutturazione/costruzione, è tenuto a definire un target di clientela positivo e uno negativo, vale a dire una classificazione "ab origine" con distinzione tra fasce di clientela potenziali per le quali è ritenuto adeguato l'investimento in quel prodotto e fasce per le quali è ritenuto non adeguato, da escludere quindi in sede di vendita o collocamento.

Fermo restando che il cliente è libero di poter investire in prodotti ritenuti non compatibili con il suo profilo finanziario (esperienza, conoscenza dei mercati, capacita di fronteggiare le perdite, propensione al rischio etc..), il baricentro del processo di "governance" si sposta inesorabilmente a monte del processo d'investimento, poiché non è più il distributore/intermediario a decidere quale classe di investimento sia più fitting per i suoi clienti e per le loro esigenze, rimanendo in capo a quest'ultimo soltanto l'onere di dover individuare se il suo interlocutore rientri nel target predisposto dall'emittente/produttore. In linea di principio, questa misura dovrebbe produrre collocamenti più appropriati, responsabili e qualitativi di prodotti nei confronti della clientela retail, evitando o quantomeno diminuendo il rischio di collocamenti per nulla non coerenti con la propensione al rischio dei clienti investitori.

Da oggi non saranno (o non dovrebbero essere) più possibili placement rischiosi poiché, oltre al presidio delle nuove regole più rigide sulla profilatura del cliente, la MiFID 2 ha inoltre introdotto anche l'istituto della product intervention. Quest'ultimo strumento prevede il potere delle authority nazionali competenti (i.e. Consob per l'Italia) di stabilire il divieto o la limitazione di vendita di prodotti finanziari, anche prima della loro commercializzazione/distribuzione, quando dall'esercizio di queste attività possa essere gravemente pregiudicata la tutela degli investitori ovvero possa essere minacciata l'integrità e la stabilità dei mercati o il loro regolare funzionamento. È chiaro come si tratti di casi estremi e non frequenti, tuttavia allo stop temporaneo o al divieto di vendita, prima di MiFID 2, si addiveniva solo censurando il comportamento illecito degli intermediari.

Sul tema della product intervention, la disciplina italiana di attuazione e recepimento della direttiva MiFID 2 (D.lgs 129/2017), ha introdotto ex novo l'articolo 66quater del T.U.F., nella sezione relativa alla disciplina dei mercati e alla gestione accentrata di strumenti finanziari, il quale propone una disciplina a tutela dell'investitore conferendo poteri d'intervento piuttosto incisivi alla Consob. A tal riguardo è stata dettata la regola generale che la Consob ha il potere di sospendere pro tempore o escludere dalle negoziazioni uno strumento finanziario o strumenti derivati, oppure chiedere al gestore di una sede di negoziazione di provvedervi.

Chiariti i principi generale della direttiva MiFID 2, sarà certamente interessante osservare l'approccio degli operatori e dei risparmiatori verso questa nuova disciplina e il cambiamento che la stessa si propone di portare al fine di verificare il reale impatto  auspicabilmente positivo  sui mercati finanziari e sul loro corretto funzionamento.

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