Article by Anna Masutti and Isabella Colucci1

Minimum transport services costs and free competition: the recent European Court decision

Con la lungamente attesa sentenza del 4 settembre 2014, la Corte di Giustizia dell'Unione europea si è pronunciata sulla compatibilità della normativa italiana che ha introdotto i c.d."costi minimi" di esercizio dell'autotrasporto con i principi di libertà di concorrenza, libera circolazione delle imprese e della libertà di stabilimento e di prestazione di servizi sanciti dall'ordinamento comunitario.

La legge 4 agosto n.127/2010, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 6 luglio 2010, n. 103, recante disposizioni urgenti per assicurare la regolarità del servizio pubblico di trasporto marittimo,aveva apportato fondamentali modifiche alla disciplina vigente in materia di trasporti con il dichiarato obiettivo di garantire (attraverso l'introduzione un costo minimo chilometrico) la regolarità del mercato dell'autotrasporto merci per conto terzie la tutela della sicurezza stradale. Il nuovo sistema normativo ha imposto un tariffario minimo obbligatorio per i servizi di trasporto merci allo scopo di coprire i costi "vivi" sostenuti dai vettori ( quali, ad esempio, il costo del carburante, pedaggi autostradali, assicurazione, etc.),con l'effetto di sottrarre all'autonomia negoziale delle parti la libera determinazione del prezzo del trasporto.

La nuova versione dell' art. 83bis ha difatti stabilito che, nel contratto di trasporto, l'importo a favore del vettore deve sostanzialmente essere tale da consentire almeno la copertura dei costi minimi di esercizio, ovvero quei costi in grado di garantire, comunque, il rispetto dei parametri di sicurezza previsti a livello normativo.E' stato quindi previsto un complesso calcolo aritmetico per l'individuazione di tali costi minimi,demandato inizialmente all'Osservatorio sulle attività di autotrasporto, in seno alla Consulta, ea decorrere da agosto 2012,direttamente al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.

La questione pregiudiziale innanzi alla Corte di Giustizia che ha dato origine alla sentenza in commento era stata sollevata in data 13 gennaio 2013 dal Tar del Lazio, organo innanzi al quale le principali organizzazioni imprenditoriali italiane avevano presentato molteplici ricorsi chiedendo l'annullamento delle determinazioni sui costi minimi di esercizio adottate dall'Osservatorio. Secondo i ricorrenti, infatti, la fissazione di tariffe minime per i servizi di trasporto costituiva una restrizione alla libera concorrenza lesiva del diritto dalla libera prestazione ed il diritto di stabilimento.

A tale riguardo i giudici europei, richiamando principi già espressi in tema di tariffe a forcella2, hanno ricordato che le regole in materia di tutela della concorrenza debbono ritenersi violate ogniqualvolta uno Stato membro imponga o agevoli la conclusione di intese vietate, rafforzi gli effetti di tali intese oppure revochi alla propria normativa il suo carattere pubblico, delegando ad operatori privati la responsabilità di adottare decisioni di intervento in materia economica.

In virtù di tale osservazione e alla luce dell'analisi della normativa controversa, la Corte ha statuito che l'Osservatorio è da considerarsi un'associazione d'imprese direttamente soggetta alle regole della concorrenza. Tale organismo infatti, oltre ad essere composto prevalentemente da rappresentanti di associazioni di categoria,ha ampi margini di discrezionalità nella determinazione dei suddetti costi, posto che la normativa nazionale che ha istituito la Consulta e l'Osservatorio non precisa i principi direttivi a cui tali organi devono attenersi e non contiene nessuna norma atta ad impedire ai rappresentanti delle organizzazioni di categoria di agire nell'esclusivo interesse della categoria stessa.

Di conseguenza,la normativa italiana in virtù della quale sono stati determinati dall'Osservatorio i costi minimi d'esercizio per l'autotrasporto è idonea a restringere il gioco della concorrenza nel mercato interno, in quanto limitativa della libertà degli attori del mercato di determinare il prezzo dei servizi di trasporto di merci su strada.

Prosegue quindi la Corte di Giustizia richiamando che uno Stato membro può limitare le regole della concorrenza, senza ricadere necessariamente sotto il divieto sancito dall'articolo 101 TFUE, anche mediante una determinazione assunta da un'associazione di imprese.Tuttavia,a tal fine, è necessario che l'associazione agisca a tutela di un interesse generale - mediante un'azione vincolata e stabilita per legge - e che la restrizione della concorrenza sia giustificata da un obiettivo legittimo.

In questo caso, la determinazione di costi minimi non risulterebbe idonea, né direttamente né indirettamente, a garantire il conseguimento dell'obiettivo legittimo fatto valere dall'Italia con la normativa in questione, ovvero la tutela della sicurezza stradale.Pur essendo ipotizzabile che la tutela della sicurezza stradale possa costituire un obiettivo legittimo, a parere della Corte, la normativa nazionale si limiterebbe a prendere in considerazione tale aspetto in maniera generica, senza stabilire un nesso tra i costi minimi d'esercizio e il conseguente rafforzamento della sicurezza stradale.

Tenuto conto di tali considerazioni la Corte giunge,quindi,a dichiarare l'incompatibilità della normativa italiana controversa nei procedimenti principali con l'ordinamento europeo in materia di libera concorrenza.

La portata vincolante della pronuncia pregiudiziale impone un adeguamento dell'attuale quadro normativo in attuazione dei principi enunciati dalla Corte.Sono inoltre prevedibili ripercussioni anche sulla validità e sull'efficacia dei contratti di autotrasporto e sui rapporti giuridici che in passato hanno avuto ad oggetto l'applicazione dei prezzi fissati dall'Osservatorio, in luogo di quelli liberamente negoziati dalle parti.

È tuttavia da segnalare che la sentenza in commento lascia ancora spazio a dubbi sull'applicabilità dell'attuale sistema normativo a quei servizi di trasporto che abbiano avuto esecuzione dopo l'agosto 2012, sulla base delle determinazioni dei costi pubblicati dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e non esaminate dalla Corte. Come già rilevato, infatti, l'attuale versione dell'articolo 83 bis, è stato modificato per effetto del decreto leggen. 95/2012che ha soppresso la Consulta Generale dell'autotrasporto e i suoi organi, trasferendo il compito di fissare i predetti costi minimi direttamente al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.

Non resta quindi che attendere la decisione del Tar del Lazioe della Corte Costituzionale per comprendere la sorte della normativa in esame in ambito nazionale.

Footnotes

1 Studio Legale LS Lexjus Sinacta Milano,Bologna

2 Sentenza Centro Servizi Spediporto(EU:C:1995:308) e sentenza Librandi(C-38/97, EU:C:1998:454).

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