Si riporta di seguito una breve rassegna dei provvedimenti maggiormente significativi in materia di responsabilità amministrativa degli enti ex D.Lgs. 231/2001.

ENTI STRANIERI

Corte di Appello di Milano – Sent. n. 1937/2014

Il 3 giugno 2014 i giudici della Quarta Sezione Penale della Corte di Appello di Milano hanno depositato le motivazioni della sentenza, emessa il 7 marzo, che ha assolto con formula piena i funzionari di quattro istituti bancari stranieri condannati in primo grado per concorso in truffa aggravata ai danni del Comune di Milano, in relazione al ruolo da essi svolto in alcune operazioni finanziarie intraprese dal Comune su strumenti finanziari derivati. Insieme ai funzionari sono state assolte da responsabilità amministrativa "dipendente da reato" ex D. Lgs. 231/2001 anche le rispettive banche di appartenenza.

Per quanto maggiormente interessa in questa sede, sebbene la manifesta insussistenza dei fatti di reato imputati ai manager bastasse, da sola, a far cadere le accuse nei confronti delle società, la Corte ha in ogni caso deciso di chiarire una serie di questioni sollevate dalla decisione di primo grado, concernenti la pretesa responsabilità amministrativa delle medesime.

La Corte ha innanzitutto smentito che la responsabilità di alcuni degli enti condannati potesse sorgere, nel caso di specie, dalla violazione dell'art. 5, co. 1, lett. a) D. Lgs. 231/2001, poiché i manager imputati non potevano qualificarsi come soggetti apicali delle rispettive società. Il giudice di primo grado, invece, aveva condannato tre delle società in quanto i funzionari avrebbero agito in un rapporto di "immedesimazione organica" con le stesse, deducendo poi da tale circostanza che i modelli organizzativi delle società, sebbene idonei, in astratto, a prevenire fatti come quelli in oggetto, non sarebbero stati tuttavia efficaci e costituissero al contrario "una attenta precostituzione di alibi, al solo fine di garantire ai funzionari di grado superiore una specie di impunità ". La Corte d'Appello ha criticato tale conclusione, inficiata dalla "pretesa di dedurre l'idoneità del modello sol perché un reato è stato commesso, mentre invece è interpretazione pacifica ed ormai accettata sia in dottrina che in giurisprudenza, che neppure per la persona giuridica sia possibile prospettare una responsabilità deprivata di ogni elemento soggettivo". Per affermare la responsabilità delle banche, sarebbe stato necessario non solo che il Tribunale verificasse la colpa in organizzazione consistente nell'adozione di un modello non idoneo, ma anche che la pubblica accusa provasse che la commissione del reato fosse stata resa possibile dall'inosservanza degli obblighi di direzione e vigilanza, in quanto tutti i funzionari imputati – escluso uno – non erano soggetti apicali della società, bensì persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di tali soggetti ex art. 5, co. 1, lett. b) D. Lgs. 231/2001.

In secondo luogo, la Corte ha confermato la piena applicabilità della normativa ex D.Lgs. 231/2001 agli enti stranieri e alla categoria di enti esercenti attività bancaria: "Le disposizioni in contestazione si applicano invero a tutti gli enti forniti di personalità giuridica, alle società e associazioni anche prive di personalità giuridica. [...] Pertanto, ricadono nel perimetro applicativo della norma le società di capitali, le società di persone, le società cooperative, le associazioni con o senza personalità giuridica e con o senza scopo di lucro, gli enti pubblici economici, le fondazioni e i comitati. Le Banche italiane non possono certo dirsi esentate da siffatta disposizione. Perché mai dovrebbero mai esserlo le Banche di diritto straniero che in Italia cercano obbiettivi d'investimento? Non v'è ragione alcuna di introdurre una simile deroga se non violando l'art. 3 della Costituzione". A tal fine, la Corte richiama la decisione della Corte di Cassazione del 9 maggio 2013 n. 20060 la quale aveva analizzato un caso analogo.

La Corte ha infine ribadito il principio secondo il quale il titolo di responsabilità dell'ente sia autonomo rispetto alla responsabilità penale individuale dei soggetti incriminati. Difatti perche vi sia responsabilità amministrativa è necessario che venga compiuto un reato da parte di un soggetto riconducibile all'ente, ma non anche che tale reato venga accertato con individuazione e condanna del responsabile (art. 8, co. 1 lett. a)). Pertanto, sebbene nel giudizio in oggetto non si ricadesse nell'ipotesi prospettata, in quanto l'assoluzione è avvenuta per insussistenza del fatto, in generale "non va automaticamente esclusa la responsabilità amministrativa dell'ente in conseguenza dell'assoluzione del suo funzionario".

REATI SOCIETARI – INTERESSE O VANTAGGIO DELL' ENTE

Corte di Cassazione, Sez. v Penale, n. 10265/2014

Con la sentenza resa il 28 novembre 2013 e depositata il 4 marzo 2014, la Corte di Cassazione ha concluso il processo a carico dell'amministratore delegato ed il direttore generale di un noto istituto di credito, quali persone fisiche, e, quale persona giuridica, la stessa banca da essi amministrata. La banca era accusata di aver tratto un profitto dalla consumazione a suo vantaggio o comunque nel suo interesse dei reati di false comunicazioni sociali dannose (art. 2622 c.c.), di ostacolo all'esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza (art. 2638 c.c.) e di aggiotaggio informativo (art. 185 D.Lgs. n. 58/1998), in relazione a una serie di operazioni in strumenti derivati ritenute, in ragione della loro complessità e rischiosità degli strumenti scelti, vere e proprie speculazioni.

Spinta dalle argomentazioni della difesa, la quale sosteneva che i reati fossero stati commessi nell'esclusivo interesse degli autori e che non sussistesse un parallelo interesse dell'ente, la Corte si è espressa sul rapporto tra le condizioni oggettive dell'"interesse" e del "vantaggio" di cui all'art. 5 del Decreto. La Corte ha confermato che la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche sorge in connessione a reati compiuti nell'interesse oppure a vantaggio della società, concetti giuridici differenti tra loro che "devono ritenersi criteri imputativi concorrenti, ma alternativi". L'interesse dell'ente si colloca "a monte" e consiste nell'indebito arricchimento, prefigurato e magari non realizzato, che la persona fisica persegue con l'illecito stesso, per il quale è sufficiente una verifica ex ante rispetto alla commissione del reato; viceversa, il vantaggio è quanto obbiettivamente conseguito con la commissione del reato (sebbene non prospettato ex ante), può essere tratto dall'ente anche quando la persona fisica non abbia agito nel suo interesse e richiede sempre una verifica ex post.

La Corte ha chiarito che, perché sia configurabile la responsabilità della persona giuridica, il D.Lgs. 231/2001 non richiede necessariamente che l'autore del reato abbia voluto perseguire l'interesse di quest'ultima. Pertanto, "ai fini della configurabilità della responsabilità dell'ente, è sufficiente che venga provato che lo stesso abbia ricavato dal reato un vantaggio, anche quando non è stato possibile determinare l'effettivo interesse vantato ex ante alla consumazione dell'illecito e purché non sia contestualmente stato accertato che quest'ultimo sia stato commesso nell'esclusivo interesse del suo autore persona fisica o di terzi."

La responsabilità amministrativa della banca è stata ritenuta sussistente, nel caso di specie, anche in riferimento ai reati presupposto di ostacolo alla vigilanza (art. 2638 c.c.) e false comunicazioni sociali (art. 2622 c.c.), entrambi contemplati nel catalogo di cui all'art. 25-ter D.Lgs. 231/ 2001.

REATI SOCIETARI – INTERESSE O VANTAGGIO DELL' ENTE

Corte di Cassazione, Sez. II Penale, sent. n. 16359/2014

Con la sentenza n. 16359 del 15 aprile 2014 la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso contro un'ordinanza di sequestro preventivo per equivalente adottato ai sensi dell'art. 19 D.Lgs. 231/2001, motivato dalla prospettata responsabilità amministrativa di una società quotata i cui soggetti apicali erano imputati del reato di formazione fittizia di capitale ex art. 2632 c.c.. Tale reato, si rammenta, rientra nel novero dei reati societari, presupposto di responsabilità amministrativa ai sensi dell'art. 25-ter, lett. i) D.Lgs. 231/2001.

Nel caso di specie, i direttori e dirigenti avrebbero aumentato fittiziamente il capitale sociale della società incrementandone fraudolentemente il valore, mediante la sopravvalutazione della partecipazione di una seconda società conferita nella prima e l'attribuzione gratuita di una nuova azione ogni dieci possedute, attraverso il passaggio a capitale della riserva sovrapprezzo di azioni, fraudolentemente formata con l'anzidetta rilevante sopravvalutazione.

Alla luce di tale prospettato illecito, il G.I.P. aveva, pertanto, provveduto al sequestro preventivo per equivalente di somme di denaro, titoli e valori, beni mobili e immobili e altre utilità nella disponibilità della società in questione e delle sue controllate, sino alla corrispondenza della somma equivalente al valore dell'aumento fittizio.

La Corte non ha accolto le argomentazioni della difesa dell'ente, la quale sosteneva che l'aumento di capitale fosse stato compiuto solo ed esclusivamente nell'interesse degli amministratori e che la società imputata non ne avesse ricevuto alcun vantaggio né profitto. Al contrario, la Corte ha individuato il vantaggio conseguito dalla società nel fatto che il valore sovrastimato e iscritto in bilancio avesse determinato: a) un aumento dell'affidabilità della medesima compagine sociale nei confronti dei terzi – operatori economici, nuovi investitori, clienti e fornitori e istituti di credito – proprio in ragione della funzione di garanzia del capitale sociale; b) una sensibile moltiplicazione del valore delle azioni della società quotata in borsa, anche in conseguenza della successiva diffusione di comunicati in ordine all'avvenuta capitalizzazione.

"Va, quindi confermato che l'aumento fittizio di capitale costituì un'operazione effettuata nell'interesse della società, di cui questa si avvantaggiò e che, pertanto, il profitto che ne ricavò è confiscabile".

AGGIORNAMENTO NORMATIVO - REATI AMBIENTALI

Il progetto di legge recante "Disposizioni in materia di delitti contro l'ambiente e l'azione di risarcimento del danno ambientale, nonché delega al Governo per il coordinamento delle disposizioni riguardanti gli illeciti in materia ambientale", del quale abbiamo descritto i punti fondamentali nella scorsa newsletter, è attualmente in sede di discussione in seno alla Commissione parlamentare assegnataria. Ricordiamo che, nel caso in cui venisse approvato nel suo testo originale, il disegno allargherebbe il catalogo dei reati presupposto della responsabilità amministrativa degli enti ad includere i due reati dolosi di reato di inquinamento ambientale (art. 452-bis c.p.) e di disastro ambientale (art. 452-ter c.p.).

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